Tratti distintivi: profumo elegante e sapore caratteristico…
Confezione da: 250 g min.
€ 8,90Le Crete Senesi sono un grande bacino argilloso situato nella parte meridionale della provincia di Siena e comprendente 10 comuni: Pienza, Montepulciano, Monteroni d'Arbia, San Giovanni d'Asso, Trequanda, Castiglione d'Orcia, Radicofani, Siena, Torrita di Siena e Rapolano, nomi, questi, che evocano anche ottimi vini.
Quest'area è in parte ricoperta da uno strato sottile di sabbie gialle, i cosiddetti tufi o “terra di Siena”, che si depositarono durante una fase intermedia del sollevamento di questi territori dal mare.
Ciò ha favorito lo sviluppo di piante, arbusti ed erbe particolari, capaci di aromatizzare notevolmente il latte ottenibile dalle pecore che se ne cibano. Esperti botanici hanno contato più di 30 tipi di flora pratense spontanea, tra cui la barba di becco, l'assenzio, la serpentina, l'avena selvatica, il ginestrino, il trifoglio giallo delle sabbie, la finocchiella, il radicchio selvatico, la santoreggia, il timo e il ginepro, solo per citarne alcune.
Originariamente, in queste zone, vivevano esclusivamente pecore “senesi” e “valdorciane”, ma dal 1960, il flusso migratorio di pastori con le loro greggi proveniente dalla Sardegna, ha dato una svolta decisiva e attualmente, le pecore presenti appartengono al 94 % alla razza “sarda”. L'arrivo dei pastori sardi ha permesso di fondere tecniche, tradizioni e, soprattutto, di dare origine ad alcune forme di collaborazione al fine di riuscire a ridurre l'eccessiva parcellizzazione e discontinuità di caratteri del formaggio, prodotto fino ad allora in una miriade di piccolissimi laboratori semidomestici che non potevano garantire la costanza necessaria per raggiungere un successo commerciale anche fuori regione.
Il “cacio” pecorino delle Crete Senesi, dopo la fase di stagionatura che si protrae per alcuni mesi, si presenta con crosta scura e rugosa, mentre la pasta interna è piuttosto bianca, friabile, con profumi ricchi di note animali e di pascolo che sconfinano in decise note di erbe aromatiche. Al palato è asciutto, tende a sbriciolarsi sprigionando sensazioni tattili leggermente astringenti e terminando poi con una persistenza che riporta la bocca verso sensazioni piuttosto dolci, caratteristiche del latte di pecora.
Infine, una curiosità storica: il nome cacio che i toscani continuano ad usare è la più significativa testimonianza dell’antichità della presenza del formaggio sulle loro tavole; infatti, deriva dal latino “caseus”, successivamente sostituito quasi in tutta Italia dal termine “formaticum”, risalente invece all’epoca medioevale.